Sono cominciati i saldi e io, povera studentessa universitaria sfigata, non ho potuto andare per negozi prima del 15 Luglio, a causa degli esami (ma ditemi se è legale una cosa del genere!!). Comunque, dicevo, sono cominciati i saldi e finalmente anch'io, dopo settimane di eremitismo casalingo in cui sono andata fuori di testa irreversibilmente, ho potuto farmi un giro per negozi. E dopo essere passata da Stradivarius, Zara, Kiko e Tezenis (sì, perchè a differenza di quello che pensa la gente, compro cose anche per me!) mi sono infilata da Zeta (negozio di abbigliamento per bambini n.d.r.) che dalla vetrina prometteva sconti tra il 50 e il 70%. Se mi seguite su YouTube (o su Instagram) saprete che sto realizzando un'altra reborn... un maschietto, questa volta. Non avendo nessun vestitino maschile ho deciso di concentrarmi su quelli piuttosto che su abitini femminili, in periodo di saldi.
o quell'altra magliettina perchè "sono troppo belle, dovresti comprarle!") e mi dirigo verso la cassa. Ed è qui che, mentre la commessa smagnetizza i vari articoli, mi viene posta la fatidica domanda.
"Sono per te, diventi mamma?" mi chiede. In quell'istante il mio cervello scoppia in una fragorosa risata, ma all'esterno rimango impassibile. "No, no" rispondo con una mezza risatina. Insomma, cosa dovrei dire?! "Sì, divento mamma di un neonato in vinile che sto dipingendo io stessa?". No, certo che no. Non se voglio evitare il ricovero anche questa volta. Ma non è finita, ragazze, eh no, sarebbe troppo semplice così. La commessa mi guarda con atteggiamento comprensivo e ribatte "Ah è un regalo! Te lo incarto?". E a questo punto mi chiedo quando la smetterà con le domande. No, non è un regalo e non mi serve che venga incartato, durerà ancora molto il terzo grado?! Rispondo con un "Oh no, grazie, a posto così" e mi sento trapassare da uno sguardo inquisitore che sembra cercare di carpire se io sia in grado di impacchettare un paio di abitini per bebè oppure no. Poi, all'improvviso, questo spettacolo degno del teatro dell'Assurdo finisce, i vestiti vengono piegati e riposti in un normalissimo sacchetto di plastica con il nome del negozio, qualcuno (io) paga, qualcun altro (la commessa) allunga lo scontrino in direzione della busta.
"Arrivederci e grazie". "Grazie a lei, buona giornata".
Esco dal negozio. Anche questa volta ce l'ho fatta. Mi incammino in direzione di Pimkie, mentre continuo a cercare di capire cosa pensino le commesse che mi vedono in un negozio per bebè, apparentemente quindicenne e con i capelli blu, ma così pratica di taglie e modelli per neonati. Mah, forse non hanno tutti i torti a fare facce strane... dev'essere una situazione comicissima per qualsiasi spettatore esterno che vi assista. Nel caso dovesse capitarvi di vedermi in un momento del genere sappiate che siete liberissimi di venirmi in aiuto... o di non farlo, se volete farvi due risate!
Alla prossima! Baci <3
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