Noi lo sappiamo che non possiamo sempre chiedere aiuto. Che non è che per ogni minima cosa ci possiamo riparare nell'abbraccio di qualcuno. Che prima o poi arriverà il momento in cui bisognerà imparare a ripararci da sole, a cavarcela da sole.
Come quando le calze ti stringono troppo la vita mentre indossi l'abito più stretto che possiedi.
Come quando devi rimanere in università a fare l'esame con trentotto gradi fuori.
Come quando vieni mollata nel momento peggiore della tua vita e non puoi piangere perché i tuoi dotti lacrimali sono troppo orgogliosi per farlo.
Noi donne spesso parliamo ininterrottamente e se è vero che noi con le nostre chiacchiere produciamo più anidride carbonica di tutte le centrali termoelettriche del paese, è altrettanto vero che molte cose ce le teniamo per noi. Ce le teniamo strette tra le mani, cementate nelle ossa, cicatrizzate insieme alle nostre ferite.
Il più delle volte sono cose brutte. Sono cose che tolgono il fiato. Alcune volte sono cose che è difficile ammettere persino a noi stesse.
Altre volte è una questione di strano orgoglio, il classico "so cavarmela benissimo da sola", detto tutto di un fiato.
E, caro uomo, le vedi queste donne silenziose che in realtà hanno un mondo da dire, ma non vogliono darti problemi, addossarti i loro pezzi, ormai distrutti. Le vedi con lo sguardo perso che sorseggiano il caffè, la cuffietta nell'orecchio e la testa appoggiata al finestrino dell'autobus e si mordono il labbro. Le vedi, anzi, la vedi, lo sai.
Non si dovrebbe giudicare una donna per ciò che dice, per le parole che si lascia scivolare dalle labbra: bisognerebbe imparare a conoscere le donne per i loro silenzi.
Silenzi fatti di sofferenza. Silenzi fatti di dignità, di orgoglio. Silenzi che si fanno sentire, perché questi silenzi sono urla, sono un casino assurdo. Silenzi cuciti nella pelle, in cicatrici piccole che magari non ti sei nemmeno accorto che lei aveva. Silenzi che ci rendono bellissime, complicate, ma immense.
fonte: www.tumblr.com
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